Resi on-line: il cambio di rotta del Retail

I resi, soprattutto gratuiti, sono da tempo un nodo da sciogliere per le aziende Retail: vediamo quali soluzioni sono state adottate

Era la fine del 2022 quando ci occupammo per la prima volta del futuro dei resi nel Retail: una pratica messa in discussione sia a livello economico che ambientale. Ora la questione torna alla ribalta, con diverse aziende che hanno iniziato a mettere in pratica soluzioni al problema.

L’enorme peso dei resi on-line

Quello dei resi, soprattutto gratuiti, è diventato un vero e proprio nodo da sciogliere per molte aziende Retail, in particolare di abbigliamento Fast Fashion. Ci sono capi che, all’interno di pacchi sigillati ed etichettati, compiono viaggi intercontinentali andata e ritorno: si tratta di un fenomeno conosciuto come “bracketing”, ovvero la tendenza a comprare molti prodotti uguali, o simili (magari di taglia diversa), con la consapevolezza di poterne restituire uno, se non addirittura tutti quanti.

Tra le diverse inchieste condotte in merito è emerso infatti che il valore globale dei resi on-line ammonterebbe oggi a 550 miliardi di dollari (pari a 509 miliardi di euro): un costo che non solo grava sul settore, ma che è anche simbolo di cospicui danni ambientali. I tassi di reso al dettaglio sono infatti in aumento del 63% su base annua; In Italia, la categoria con la più alta percentuale è l’abbigliamento (25,14%), seguito da scarpe (15,30%) e accessori (10,14%).

L’impegno delle aziende per un’inversione di rotta

Alcuni marchi stanno però tentando un’inversione di rotta per limitare quanto meno gli acquisti compulsivi, applicando ad esempio un costo per il reso. Alcuni addebitano commissioni solo sui resi del proprio e-shop e solo in alcuni mercati; altri prevedono una cifra che verrà detratta dall’importo del rimborso e altri ancora hanno stabilito un ordine minimo per poter beneficiare di opzioni free.

Tra le soluzioni proposte c’è poi quella di implementare le capacità di CRM e banche dati, anche tramite l’intelligenza artificiale, valutando le singole richieste ed esaminando chi le effettua e la sua storia nel tempo. Ad esempio, nel caso di un cliente fedele e con uno storico di richieste in numero ragionevole si può agire in un modo, mentre nel caso di un acquirente che ha restituito una scatola vuota o una copia dell’originale ci si comporterà in un altro. Queste analisi consentirebbero di gestire in modo differenziato la politica dei resi, disincentivando contestualmente comportamenti dannosi per l’ambiente.

Ed è proprio nell’ambito dell’implementazione tecnologica che un’azienda come Bizeta può dare il proprio contributo a quest’importante svolta: sicuramente con soluzioni basate sul data-mining, come la Retail Profit Protection, ma anche con tanti altri software evoluti per il Retail.

Pubblicato il 15/03/2024 in Tendenze & Mercati

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